A tutti coloro che credono che la storia del tatuaggio sia stata fatta principalmente (o solo) in America o in Giappone, Gian Maurizio Fercioni dimostra tutt’altro aprendo, nel 1970 a Milano, uno dei primi tattoo studio in Italia: il “Queequeg Tattoo Studio”.
Conoscere la storia di questo tatuatore vuol dire conoscere un pezzo fondamentale della storia del tatuaggio italiano ma dal respiro internazionale. Classe 1946, Fercioni è tra i tatuatori in possesso di una formazione accademica: alla frequentazione del Liceo Artistico segue il diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera nello stesso anno di apertura del suo studio di tatuaggi, in un momento storico (e in un Paese) in cui essere tatuatori non era né facile né alla moda.

Ma Fercioni ama la creatività, studia il mondo con occhi da accademico muovendosi liberamente in forme d’arte artigianale che non pongono limiti a quella creatività. Così, mentre i più importanti teatri dell’Opera d’Europa –dal teatro “alla Scala” di Milano fino allo Staatsoper di Amburgo – si riempiono delle sue scenografie e dei suoi costumi, Fercioni porta avanti con caparbietà la professione di tatuatore e uno studio-museo. In quest’ultimo, il Queequeg, il posto ideale per iniziare a conoscere il mondo del tattoo, il punto di riferimento per ogni professionista del settore. E Questo non solo perché il Queequeg è lo scrigno della collezione di Fercioni di “tutto ciò che ha a che vedere con il tatuaggio” (strumenti moderni e primitivi, tavole originali, stampe d’epoca e fotografie), o perché il proprietario ha appreso la tecnica del tatuaggio giapponese direttamente da Horiyoshi III, ma anche per la sua identità originale e “fedele al passato”, evocatrice di un mondo a cui il tatuaggio deve in parte la sua nascita e diffusione: il mare.

È proprio in questo elemento che affondano le radici della passione di Fercioni per il tatuaggio, cosa intuibile già dal nome dello studio, “Queequeg”, nome del gigante polinesiano tatuato parte della ciurma del capitano Achab nella caccia di Moby Dick. Sempre al mare è legata la sua famiglia (di origine pisana), la sua adolescenza – passata nel porto di Viareggio in compagnia di marinai – il suo primo tatuaggio – a soli 14 anni per mano di un pescatore – e la dimensione del viaggio. Fercioni stesso fu marinaio e marinai (oltre che legionari e prostitute) i suoi primi clienti in Francia. Approdato ad Amburgo, realtà in cui il farsi tatuare era una pratica già sdoganata, lo stile “semplice” di Herbert Hoffmann si rivela una pietra miliare per Gian Maurizio: la forza espressiva risiede nei vecchi tatuaggi dei carcerati, dei marinai, in quelli sostanzialmente più storici (come i velieri), legati al tema del viaggio o a certi simbolismi. Perché il tatuaggio marinaresco è, di fatto, un po’ l’essenza stessa del tatuaggio; un’opera d’artigianato sempre nuova ma legata al passato e il nodo da marinaio raffigurato sull’insegna del Queequeg Tattoo Studio & Museo è lì a ricordarcelo.




